venerdì 23 dicembre 2011

Attrezzi fai da te: costruire un estrattore per cuscinetti

In alcuni motori di moto con cui ho avuto a che fare, al momento della separazione dei carter nella fase di smontaggio, uno o anche entrambi i cuscinetti di banco non rimangono nei loro alloggiamenti sui carter, ma restano solidali all'albero motore. Il motore Rotax montato sull'Aprilia MX 250 dell'84 su cui sto trafficando in questo periodo è proprio uno tra questi.
Per cambiare i vecchi cuscinetti con i nuovi occorre un attrezzo che li separi dall'albero motore.
Ho potuto vedere che ci sono due tipi di estrattori per questo scopo. Il primo è un estrattore a false sfere, che funziona incastrando i tiranti muniti di estremità conformate appositamente tra la pista interna ed esterna del cuscinetto. In seguito si estrae il cuscinetto tirandolo verso l'estremità dell'albero motore. Ecco una foto:

Il secondo tipo, che è il più comune, è composto di due parti speculari che funzionano lavorando a tenaglia, insinuandosi tra il cuscinetto e la spalla dell'albero motore. Poi, sempre con l'ausilio di due tiranti (non visibili nella foto qui sotto), lo si estrae dell'albero motore.


Quando qualcuno ha bisogno di attrezzi di questo tipo, non fa altro che andare in una ferramenta ben fornita o un negozio che venda attrezzatura da officina e se lo compera. Quando quel qualcuno sono io, che preferisco sempre il fai da te a costo di fare danni e che ho il portafoglio che spesso piange, si prova ad arrangiarsi con quello che si ha a disposizione.
Tra l'attrezzatura che avevo già a portata di mano c'era il classico estrattore a due griffe. L'estremità ad L delle griffe era però troppo spessa per potersi insinuare tra il cuscinetto di banco e la spalla dell'albero motore. Per poter adoperare questo attrezzo dovevo trovare il sistema di sollevare di circa mezzo centimetro il cuscinetto dalla sua posizione sull'albero motore. Ho scartato subito l'idea di provare a costruire un estrattore a false sfere. Con i mezzi a mia disposizione era praticamente impossibile; troppi pezzi da realizzare e materiale a mia disposizione non adatto allo scopo. Il progetto di costruire un estrattore del tipo a tenaglia invece era sicuramente più fattibile. Rovistando nel cassone del ferrovecchio ho trovato un robusto profilo in ferro ad L, spesso circa 3/4 mm, simile a quelli che si usano come sostegni per le reti di recinzione. Ne ho segati grossolanamente due spezzoni di una dozzina di centimetri circa. La mia idea era di limare un bordo interno di ciascuna "L" a forma di piano inclinato, per avere un estremità abbastanza sottile da infilarsi tra il cuscinetto e la spalla dell'albero. Oltre ad essere sottile doveva essere anche abbastanza robusta da reggere lo sforzo dell'estrazione senza rompersi o deformarsi. In seguito volevo forare in due punti l'altra spalla delle "L" per poter inserire due tiranti (come sulla foto dell'attrezzo sopra) per stringere a tenaglia il cuscinetto ed allo stesso tempo far scorrere il suo bordo arrotondato sul piano inclinato: così facendo (ottimisticamente parlando) si sarebbe sollevato , o (teoricamente parlando) avrebbe quantomeno dovuto farlo.
Mentre lavoravo di mola a disco una delle due L stretta in morsa per dargli il profilo a piano inclinato, ho avuto una intuizione. Invece di usare dei tiranti per stringere il cuscinetto, volevo provare a fissare i profili ad L direttamente alle ganasce della morsa, sfruttando i fori per le viti che le fissano al corpo. In questo modo oltre ad evitare di usare dei tiranti (pezzi in meno da pensare e poi realizzare) avrei avuto la possibilità di sfruttare la maggior forza che secondo me poteva esercitare la morsa. Così ho fatto un foro a ciascuno dei profili a L limati per poterli fissare alle ganasce.


Successivamente ho tolto una vite ad ogni ganascia della morsa e con delle altre viti leggermente più lunghe ho applicato le mie L, che in questo modo facevano corpo unico con la morsa.




La posizione disassata dei profili ad L sulla morsa è intenzionale. Se li avessi fissati centralmente l'estremità di un albero motore particolarmente lungo avrebbe urtato contro la parte scorrevole della morsa rendendo impossibile l'estrazione del cuscinetto. A questo punto potevo mettere l'albero in morsa puntando le estremità delle mie "L" tra cuscinetto ed albero motore ed infine verificare quanto la mia intuizione fosse felice o meno. Ho lubrificato con del grasso il piano inclinato dei profili a L per cercare di facilitare lo scorrimento tra questi ed il bordo arrotondato del cuscinetto. Una leggera scaldata con la pistola termica, qualche giro di morsa...


...ed il cuscinetto inizia a separarsi dall'albero senza grossi sforzi. Considerata la rozzezza con cui ho lavorato i profili ad L, limandoli ad occhio con la mola a disco, direi che ho ottenuto il risultato che volevo con il minimo sforzo indispensabile.


Ora  che avevo separato quanto bastava il cuscinetto dalla spalla dell'albero motore, potevo capovolgere l'albero ed estrarre comodamente il cuscinetto per mezzo dell'estrattore a due griffe:


Nella foto qui sopra il cuscinetto che sto togliendo è quello sull'altra spalla dell'albero motore (lato volano) rispetto alle foto precedenti (lato primaria), ma ero così gongolante per il risultato ottenuto da dimenticarmi di documentare l'estrazione dello stesso cuscinetto in tutte le sue fasi...  
Avendone l'occasione ho testato questo attrezzo anche su un altro albero motore (Husqvarna 125 lato volano) ed ha nuovamente funzionato senza problemi. I profili sembrano abbastanza robusti da non danneggiarsi con l'uso, anche se questa è una valutazione da farsi dopo numerose "estrazioni". 
Ad ogni modo, dal momento che questo rudimentale attrezzo ha comunque funzionato, credo che proverò a realizzarne uno ex-novo, lavorando in modo più accurato e applicando un paio di accorgimenti che potrebbero farlo funzionare in modo migliore. E con i soldini che non ho speso per acquistare un attrezzo serio mi compero qualche ricambio per rimettere in sesto i miei ferrivecchi.

giovedì 15 dicembre 2011

Aprilia APS 1984: le indagini proseguono...

Qualche giorno fa, dopo le varie misure prese e le considerazioni fatte in merito al sistema di leveraggio progressivo Aprilia APS montato sulla MX 250 del 1984, riflettevo sul fatto che la corsa della ruota da me rilevata fosse di qualche centimetro superiore rispetto a quella di una moto moderna. La cosa non mi pareva del tutto normale. Mentre giravo intorno alla moto, all'improvviso mi sono reso conto di aver fatto tutte le mie misurazioni col perno ruota nella sua posizione di massimo arretramento sul forcellone. Come se quella fosse l'unica posizione che il perno ruota può avere! Non avevo minimamente considerato che la sede del perno ruota su ogni forcellone è un asola e non un semplice foro, per l'ovvia ragione di poter registrare la tensione della catena. Questa mia dimenticanza mi ha fatto riflettere. Dovevo riconsiderare tutto considerando la posizione del perno ruota una variabile e mantenendo fissa la lunghezza della bielletta che collega il leveraggio al telaio.
Col perno ruota arretrato al massimo, anche l'arco descritto dallo stesso al muoversi del forcellone è alla sua massima lunghezza: di conseguenza in questa configurazione si ottiene la massima corsa ruota possibile. Se invece il perno ruota si trova nella sua posizione più avanzata, l'arco descritto al muoversi del forcellone sarà il minore possibile e di conseguenza anche la corsa della ruota sarà la minima possibile. In entrambe le posizioni del perno ruota però la corsa dello stelo del mono resta invariata, perchè il movimento del forcellone (e conseguentemente anche del perno ruota) è delimitato dai due punti di massima estensione e massima compressione dell'ammortizzatore. Quindi anche l'angolo compreso tra la posizione del forcellone a sospensione tutta estesa e la posizione del forcellone a sospensione totalmente compressa resta sempre lo stesso.
 Considerato tutto questo, spostando il perno ruota più avanti possibile avrei ottenuto un valore di corsa ruota più allineato a quello di una moto moderna, fermo restando il valore di corsa utile dello stelo del monoammortizzatore. La media del rapporto di leveraggio sarebbe quindi diminuita, avvicinandosi anche se non di molto ai valori di una moto moderna. Però bisognava soprattutto capire che cosa sarebbe cambiato centimetro per centimetro, come fatto in precedenza.
Il diametro del perno ruota su questa moto è di 20 mm, mentre l'asola sul forcellone entro cui lo si può spostare misura 50 mm. La differenza tra la posizione di massimo avanzamento e massimo arretramento del perno ruota sul forcellone è quindi di 30 mm. Quanto sarebbero influiti questi 30 mm nel funzionamento del sistema di leveraggio?


L'avanzamento del perno ruota ne riduce la corsa di 20 mm. Di conseguenza il rapporto medio di leveraggio scende da 3,31:1 a 3,17:1. La curva del rapporto di leveraggio con il perno ruota al massimo avanzamento ricalca l'andamento di quella relativa al perno ruota completamente arretrato, ma rimane quasi sempre al di sotto di quest'ultima. Relativamente al rapporto di leveraggio credo che questo aspetto sia da considerarsi un miglioramento. Allo stesso modo credo sia migliorata anche la curva che descrive l'andamento della corsa dello stelo del mono lungo la corsa della ruota. Col perno ruota avanzato il mono si comprime maggiormente nella prima parte di corsa ruota, mentre lo fa in misura minore nell'ultimo terzo di corsa rispetto alla posizione di perno ruota arretrato. Osservando la "pancia" delle curve relative alla corsa dello stelo del mono ho notato che questa rimane identica; le due curve si incrociano poco oltre la metà della corsa ruota ma il loro profilo resta praticamente identico. Ciò dovrebbe significare che la progressione del leveraggio rimane pressochè invariata. In effetti in questo confronto il sistema di leveraggio è sempre lo stesso, cambia solo la lunghezza del braccio di leva del forcellone. Tirando le somme di quest'ultimo esperimento e tralasciando gli altri aspetti correlati al posizionamento avanzato o arretrato del perno ruota sul forcellone sembrerebbe che l'APS funzioni un po' meglio col perno ruota avanzato.

mercoledì 14 dicembre 2011

La bielletta "osso per cani" sull'Aprilia APS 1984

Il sistema di leveraggio APS montato sull'Aprilia MX 250 del 1984 è composto da due particolari. Uno è il leveraggio, costituito da una struttura a traliccio di tondini metallici uniti per saldatura e avente un attacco superiore per il monoammortizzatore e un attacco inferiore per unirlo al telaio. Il collegamento tra leveraggio e telaio avviene per mezzo di una bielletta a forma di "osso per cani" munita di un uniball a ciascuna estremità.


 La particolarità di questa bielletta sta nel fatto che è composta di due pezzi avvitati l'uno nell'altro. Essendo costruita in questo modo è possibile modificarne la lunghezza avvitando o svitando le due parti che la compongono. Il variare della lunghezza della bielletta modifica l'altezza del posteriore della moto. Per avere un idea di altezza posteriore della moto ho preso come riferimento la distanza tra il perno ruota e un punto fisso sul telaio (ad esempio il punto in cui il parafango posteriore è fissato al telaio).
Più la bielletta è corta, maggiore è questa distanza; allungandola invece questa distanza diminuisce e la moto si "siede" sul posteriore. Portando avanti questo mio esperimento ho deciso di provare a vedere che cosa succede al rapporto di progressione del leveraggio modificando la lunghezza della bielletta.
Ho smontato la bielletta, che era nella sua posizione più corta, e svitandola l'ho allungata di 5mm. La prima conseguenza è stata che la distanza tra perno ruota ed il punto di fissaggio del parafango posteriore sul telaio è diminuita (quindi la moto si è abbassata) e la corsa utile della ruota da mono tutto esteso a mono tutto compresso è leggermente diminuita. Di conseguenza il rapporto medio di leveraggio è sceso da 3,41:1 a circa 3,31:1.
A questo punto mi aspettavo una differenza tra le curve relative ai due rapporti di leveraggio. Invece sovrapponendo le due curve relative al rapporto di leveraggio con bielletta a zero e allungata di 5mm si vede che l'andamento è pressochè identico:


In seguito ho fatto un ulteriore step di allungamento della bielletta, svitandola di altri 5mm, quindi 10mm in più rispetto alla sua posizione più corta. Ho scoperto che la distanza tra perno ruota ed il punto di fissaggio del parafango posteriore sul telaio è ulteriormente diminuita (la moto si abbassa ancora di più), ma anche che lo stelo del mono non riesce a completare la sua corsa. Questo inconveniente è causato dal fatto che il forcellone nella sua risalita urta contro la bomboletta del mono fissata al telaio prima che questo arrivi a fine corsa. A questo punto avrei dovuto lasciar perdere e non prendere le misure degli incrementi di corsa dello stelo del mono, ma mi interessava confrontare comunque la curva di progressione anche se monca degli ultimi centimetri di corsa ruota con le precedenti per vedere se c'era una differenza sostanziale:


Nella prima parte di corsa della ruota la differenza tra l'ultima curva (con bielletta più lunga di 10 mm) e le altre è più evidente rispetto alla seconda parte di corsa ruota. In ogni caso l'andamento della curva di progressione di leveraggio rimane molto simile. La bielletta "osso per cani" influisce in modo significativo sull'altezza della parte posteriore della moto, ma non altrettanto sul rapporto di progressione del leveraggio.

martedì 6 dicembre 2011

Rapporto di leveraggio: Aprilia APS 1984 Vs Kawasaki Uni-Trak 2009

Finalmente a forza di cercare sono riuscito a trovare un grafico che descrive l'andamento della corsa dello stelo del mono rispetto alla corsa della ruota di una moto moderna. La moderna in questione è una Kawasaki KX 450 F del 2009.
Ecco il grafico:

A questo punto ho quanto basta per fare una comparativa tra il sistema di leveraggio Aprilia APS e qualcosa di al passo con i tempi. Purtroppo però questo grafico è una immagine, quindi la cosa non è così semplice. Non avendo a disposizione una tabella con dati certi da utilizzare, sono costretto a prendere "a spanne" i dati dall'immagine e immetterli nel grafico assieme alla curva dell'APS. 


La cosa più lampante che appare dal grafico è che c'è una differenza abissale tra la misura della corsa stelo del mono Aprilia nei confronti di quello montato sulla Kawasaki. Quest'ultima ha una corsa ruota di 315 mm (dato desunto per sicurezza da scheda tecnica e non dal grafico) e una corrispondente corsa dello stelo del mono di 140 mm, a fronte dei 345/104 che ho misurato sull'Aprilia. Di conseguenza il Kawa ha un rapporto medio di leveraggio di 2,25 rispetto a 3,31 rilevato sull'Aprilia.
Osservando l'immagine del rapporto di leveraggio Uni-Trak della Kawasaki ho visto che riporta anche il rapporto della progressione del leveraggio. Avendo anche questi dati volevo fare un ulteriore confronto con l'APS. Per farlo ho calcolato il rapporto di progressione del leveraggio con lo stesso metodo usato dall'autore del grafico. Ho quindi calcolato quanta corsa deve fare la ruota per comprimere lo stelo del mono di un centimetro partendo dalla posizione di tutto esteso. Per la Kawasaki KX 450 F 2009 occorrono 28,6 mm di corsa ruota, mentre per l'Aprilia ne occorrono circa 60...una bella differenza! Successivamente ho misurato la corsa compiuta dello stelo del mono negli ultimi 60 mm di corsa della ruota: in questo intervallo il mono si comprime di circa 24 mm. Ora è possibile calcolare il rapporto della progressione del leveraggio APS:

Nei primi 60 mm di corsa ruota l'ammortizzatore si comprime di 10 mm, quindi : 60/10 = 6 (Kawa 2,86)
Negli ultimi 60 mm di corsa ruota l'ammortizzatore si comprime di 24 mm, quindi: 60/24 = 2,5 (Kawa 1,72)
Rapporto di progressione del leveraggio: 6/2,5 = 2,4. (Kawa 1,7 circa riportato sul primo grafico, a conti fatti 1,66)

Dopo tutti questi calcoli è ora di tirare le somme di questo confronto. Le differenze tra l'APS del 1984 ed un sistema moderno come l'Uni-Trak del 2009 ci sono, e sono davvero evidenti nella prima parte di corsa del mono, mentre verso il fine corsa il comportamento dei due sistemi di leveraggio si assomiglia un po' di più. 
Dalla posizione di tutto esteso (corsa ruota zero) l'APS del 1984 comprime lo stelo nel corpo del mono molto poco rispetto alla corrispondente corsa della ruota. Questa caratteristica è probabilmente dovuta al fatto che mentre la corsa ruota risulta addirittura maggiore rispetto ad una moto attuale, la corsa utile dello stelo del mono è inferiore di quasi il 35% rispetto ad un mono moderno come in questo caso quello montato sulla Kawasaki KX450F 2009. Forse il limite dell'APS del 1984 è il sistema stesso, progettato intorno ad un monoammortizzatore dalla corsa utile eccessivamente ridotta. D'altro canto è opinione diffusa che le prime moto da fuoristrada equipaggiate con il monoammortizzatore funzionassero peggio delle ultime moto biammortizzate e ci è voluto qualche anno per trovare la giusta strada in fatto di leveraggi. Le mie sono le considerazioni di uno che per curiosità e con la scusa di volerci capire qualcosa in più, esplora una materia sconosciuta; per questo motivo, dal momento che non possiedo conoscenze tecniche specifiche, le conclusioni a cui sono arrivato potrebbero anche essere sbagliate.


lunedì 21 novembre 2011

Calcolo del rapporto di leveraggio: Aprilia APS.

In questi giorni sto lavorando sull' Aprilia MX 250 del 1984. Dopo aver ripulito il telaio da fango e sporcizia, ho revisionato lo sterzo e montato sulle piastre le forcelle munite di steli nuovi. Poi ho revisionato anche le gabbie a rulli del forcellone, che stranamente ho trovato in condizioni quasi perfette. Ho ingrassato tutto, montato nuovi o-ring di tenuta ed ho montato sul telaio il forcellone. Lo stesso trattamento lo hanno ricevuto anche gli uniball del leveraggio sul forcellone e la bielletta che lo collega al telaio.
A questo punto avevo voglia di capire un po' di più sul funzionamento dell'assai vituperato APS Aprilia. Cercando di raccogliere informazioni su questa moto, ho sempre letto di un sistema di leveraggio progressivo sbagliato, come erano peraltro sbagliati tanti dei primi link comparsi di pari passo all'avvento dei primi mono ammortizzatori nei primi anni 80, il quale influiva piuttosto negativamente sul comportamento della moto. Come fare per capirci qualcosa? Dovevo pensare a come poter calcolare il rapporto di leveraggio per poi confrontarlo con qualcosa di moderno ed efficente e vedere le differenze tra l'APS ed un link attuale.
Consultando in rete alcuni articoli tecnici sulla materia ho appurato che il rapporto di leveraggio si calcola prendendo un intervallo di corsa compiuta dalla ruota posteriore e dividendolo per la corsa compiuta dall'ammortizzatore in quel dato intervallo. La media del rapporto di leveraggio invece si ottiene dividendo la corsa totale della ruota posteriore per la corsa totale dello stelo dell'ammortizzatore. La media da già alcune indicazioni di massima, ma non è un risultato così significativo. E' di certo più utile sapere come si comporta il leveraggio lungo tutta la corsa dell'ammortizzatore. Per capire la progressione del rapporto di leveraggio ho pensato di misurare la parte scoperta dello stelo del mono per ogni centimetro di corsa compiuto dalla ruota posteriore e creare poi un grafico con i dati raccolti.
Per fare tutto questo ho prelevato il mono dalla seconda Aprilia MX 250 che ho in casa ad uso ricambi, gli ho tolto la molla e anche quel filo di gas residuo in bomboletta. Il fatto che il mono fosse "scoppiato" mi avrebbe anche agevolato il lavoro in seguito: avendo l'idraulica praticamente assente si sarebbe mosso senza sforzo al muoversi del forcellone. Nel leggere i risultati delle mie misurazioni avrei anche dovuto tener conto del fatto che senza il tampone di fine corsa, mancante su entrambi i mono in mio possesso, gli ultimi centimetri di corsa dello stelo sarebbero stati solo teorici. Ho montato quindi il mono senza molla sul telaio. Ho deciso di prendere intervalli di misurazione della corsa ruota posteriore di un centimetro per volta e misurare il corrispettivo della corsa dello stelo nel mono. Per una questione di praticità ho preso la decisione di misurare la corsa della ruota posteriore... senza la ruota. Avrei preso la distanza della perpendicolare tra perno ruota e piano di appoggio della moto ad intervalli di un centimetro, aiutandomi a tenere il forcellone in posizione fissa con un sollevatore idraulico.
Armato di metro, calibro e molta pazienza ho cominciato a prendere la misura della parte scoperta dello stelo dell'ammortizzatore per ogni centimetro di sollevamento del perno ruota rispetto al piano. Sono partito dalla posizione di mono tutto esteso per finire con la posizione di tutto chiuso (posizione in realtà solo teorica mancando il tampone di fine corsa).
Alla prima misurazione il perno ruota era a 49 cm dal piano e lo stelo del mono tutto esteso misurava 10,4 cm. All'ultima misurazione con lo stelo del mono a zero il perno ruota si trovava a 84,5 cm dal piano. La corsa totale teorica della ruota posteriore era quindi di 35,5 cm. Con questi dati il primo calcolo che potevo fare era la media teorica del rapporto di leveraggio, pari a 3,413:1. Quindi, in media, ad un escursione del mono di 1 cm corrisponderebbe una corsa della ruota posteriore di 3,413 cm. Ribaltando le cose ad un escursione del mono di un cm corrisponderebbe (sempre in media) un movimento dello stelo dell'ammortizzatore di 0,292 cm.
Prendendo invece le 36 misurazioni dello stelo del mono per ogni centimetro di corsa della ruota (eccetto l'ultima misurazione in prossimità del fondo corsa che era di 0,5 cm) mi sono ricavato 36 incrementi progressivi di corsa del mono per ciascun centimetro di corsa della ruota. A questo punto per creare la curva di progressione del leveraggio non rimaneva che dividere uno (incremento della corsa ruota in cm) per ciascun incremento di corsa dello stelo del mono. Per l'ultima misura di corsa della ruota che era di 0,5 cm anzichè di uno avrei diviso 0,5 per la corrispondente corsa dello stelo del mono. Fatti i dovuti calcoli ecco il risultato:


Il grafico comprende tutte le misurazioni prese. Dovevo tenere in considerazione che le misure erano state rilevate nel modo più accurato possibile, ma anche del fatto che dati gli strumenti adoperati, potevano non avere una precisione assoluta; quindi era più significativo l'andamento delle curve delle curve stesse.
 Stando alle misure raccolte, il rapporto di leveraggio dopo i primi tre centimetri di corsa della ruota è di poco superiore a 4,8:1 e scende progressivamente fino a 2,2:1 nella posizione teorica di fine corsa senza tampone.
Tenendo conto di un abbassamento statico della moto del 25/30 % e della presenza di un tampone di fine corsa sullo stelo dell'ammortizzatore di qualche centimetro, ho provato a determinare in modo approssimativo la zona in cui il mono lavora di più. in questa fascia di utilizzo del mono il rapporto di leveraggio va da circa 4,2:1 per scendere a circa 2,5:1 verso il fine corsa.
Ora non mi rimane che andare a caccia di un grafico di un rapporto di leveraggio di una moto attuale per fare un raffronto. Le differenze potrebbero dirmi qualcosa sul perchè l'APS Aprilia non funziona in maniera ideale.

venerdì 18 novembre 2011

La moto più bella ad EICMA 2011

Qual è la moto più bella che ho visto ad EICMA 2011? Questa qui sotto, la Suzuki RM 250 con cui Alex Puzar ha corso e vinto il mondiale motocross del 1990. Stavo ciondolando in giro per i vari espositori quando la mia dolce metà mi ha detto indicando un punto alle mie spalle: "Guarda lì, c'è una moto con il numero 71, il numero che piace tanto a te!".
Mi sono girato... e mi è venuto un colpo! E' stata una emozione grande, roba forte davvero. E chi se l'aspettava di vedere la Suzuki RM 250 di Alex Puzar all'EICMA? Non avrei mai pensato di poterla osservare dal vivo, ero certo che l'avrei vista e rivista su youtube in quel bel filmato del GP d'Italia a Maggiora del 1990 e niente di più. E invece eccola lì, peccato solo che essendo dentro una vetrina non si potesse guardare anche il lato sinistro della moto. Comunque sia è stato veramente un bel regalo per me e me lo sono gustato stando appiccicato alla vetrina per diversi minuti!
  





 




giovedì 10 novembre 2011

Autunno...


Un tranquillo giretto autunnale su OSSA 250 Super Pioneer del 1975... una moto fiacca quanto basta per lasciar perdere guida sportiva e prestazioni da urlo e immergersi invece nel paesaggio dai colori stupendi che solo l'autunno sa regalare.

venerdì 4 novembre 2011

Un elastico per due Aprilia

Qualche tempo fa stavo lavorando su uno scooter 50. Per qualche motivo non partiva, il maledetto. Per cominciare avevo deciso di togliere la candela per verificare in che stato fosse e se faceva corrente, ma questi scooterini moderni sono talmente malfatti che non c'era possibilità di servirmi della chiave che adopero normalmente in questi casi. Così, avendo a disposizione nelle immediate vicinanze una Aprilia RS 125 del 2008 ho deciso che avrei potuto prendere la chiave candela dalla trousse degli attrezzi e provare ad usare quella. Ho alzato la sella dell'Aprilia, ho staccato l'elastico che teneva ferma la trousse degli attrezzi al suo scomparto, ho preso la chiave candela dalla bustina e sono andato allo scooter. La misera chiave candela, triste come la totalità degli attrezzi della dotazione di serie su quasi tutte le moto, ha però fatto egregiamente il suo dovere. Appurato che di corrente ce n'era, ho rimontato e fissato la candela al motore dello scooter e sono tornato all'Aprilia per rimettere al suo posto la chiave momentaeamente presa "in prestito". Mentre stavo rimettendo la trousse attrezzi nel suo scomparto ho fatto caso all'elastico di fissaggio, che qualche minuto prima avevo ignorato. In un attimo mi è venuto in mente che assomigliava parecchio ad uno dei due elastici che fissano la tabella portanumero alle forcelle dell'Aprilia MX 250 dell'84 che stavo per cominciare a riassemblare. Casualmente, la sera precedente avevo dato una lavata alla tabella per poter poi prendere le misure per ritagliare a misura lo sfondo adesivo verde del portanumero, per cui il ricordo dei due elastici era nitido. Considerando che la gomma con l'età spesso si deteriora e crepa irrimediabilmente ho pensato che fosse l'occasione giusta per vedere se i due elastici fossero simili o quantomeno intercambiabili. Nell'eventualità in cui uno di quelli attaccati alla tabella portanumero si fosse rotto avrei avuto la possibilità di avere un ricambio facilmente reperibile. La sera sono tornato a casa e ho tolto un elastico dalla tabella portanumero della MX. L'indomani ho verificato se la somiglianza fosse tale nella mia mente oppure reale... ed incredibile ma vero, gli elastici erano praticamente uguali!


E non solo: a distanza di anni sono prodotti ancora dalla stessa azienda.


Morale della favola: se si rompe un elastico della tabella portanumero di un'Aprilia MX 125/250 (1983-1984) basta andare ad ordinare un elastico che fissa la trousse degli attrezzi di un'Aprilia RS 125 del 2008.

martedì 22 febbraio 2011

1986: Excitebike!



Al giorno d'oggi un videogioco come Excitebike fa sorridere. Basta vedere la copertina del gioco qui sopra, con tutti i suoi grossi pixel (stavo scrivendo pixelloni, ma è quasi turpiloquio...) per capire tante cose. I videogiochi a scorrimento con grafiche cubiste e un audio che ricorda da vicino le suonerie dei primi cellulari sono spariti da talmente tanto tempo che mi pare una vita. Credo che il bambino medio di ultima generazione, tendenzialmente viziato, tecnologicamente avanzato e con competenze informatiche che surclassano quelle di un adulto medio, piuttosto che giocare con una cosa così preistorica farebbe volentieri i compiti per casa. Nella metà degli anni 80 però, per un bambino avere in casa il Nintendo era il massimo della vita. Per un bambino che consumava il giardino di casa in sella ad una BMX kittata con un marmittino di cartone sotto la sella, imitando con la voce il rumore di una moto, avere il Nintendo e la cartuccia di Excitebike valeva un tredici milionario al totocalcio per un maschio adulto. Io il Nintendo l'avevo conquistato implorando e perseguitando i miei genitori fino allo sfinimento, contagiato dalle ore passate a giocare a casa del vicino, che essendo di famiglia benestante lo aveva ricevuto in regalo appena uscito. Il tutto ovviamente valeva solo ed esclusivamente rispettando la clausola di impegnarmi ad ottenere certi risultati in ambito scolastico. Quando finalmente ricevetti la scatola con la agognata console il gioco però era ormai fuori catalogo e non avevo altra scelta se non quella di farmelo prestare o fare uno scambio temporaneo di titoli col mio vicino di casa. A quel punto accendevo il grande Telefunken in salotto e correvo seriamente il rischio di bruciarmi la vista ed il cervello giocando per ore ed ore. Per non parlare del rischio, spesso avveratosi, di prendermi una carrettata di improperi da mia madre, che come è giusto che fosse, non gradiva per niente un figlio rimbambito da troppa tv e videogames. Il gioco, come la quasi totalità dei giochi di sport di quel periodo, era davvero molto semplice. Si trattava di guidare la propria motoretta il più rapidamente possibile per due giri di un tracciato stile supercross, con quattro corsie e tribune gremite sullo sfondo, schivando vari ostacoli e sfruttando una sorta di effetto turbo per accelerare nei punti chiave. Col turbo però era vietato esagerare, pena una sosta a bordo pista per far raffreddare il motore surriscaldato. Facevi un piccolo errore su un salto e ti ritrovavi a cappottare giù dalla rampa, finendo lontano dalla moto e perdendo un mucchio di tempo. Tra le varie caratteristiche vale la pena sottolineare che Excitebike ne aveva una incredibile (all'epoca) : oltre ai vari tracciati proposti di default dal gioco esisteva la possibilità di creare le proprie piste! Si poteva quindi piazzare sul tracciato ogni tipo di ostacolo presente sulle piste standard: dalle pozze di fango, ai panettoni, alle rampe, per finire ai tanti salti di varie misure ed altezze. Una volta ultimato il lavoro non rimaneva che mettere in moto e orgogliosamente testare la propria pista cercando di migliorare ogni volta il tempo totale.
Preso da questi ricordi di gioventù sono andato a caccia di qualche informazione in più su questo videogame. E' stato lanciato da Nintendo nel 1984 sul mercato giapponese, è arrivato da noi nel 1986 e nelle mie mani circa un paio di anni più tardi. Ho scoperto con sorpresa e con molto piacere che ne è stata fatta una riedizione per la recente Nintendo Wii, scaricabile con un tot di punti Wii (somma che ora non ricordo con esattezza), con la stessa meccanica di gioco a scorrimento, la stessa possibilità di crearsi le piste ed una grafica un pò più al passo coi tempi. Io la Wii ce l'ho. Quasi quasi.......

mercoledì 16 febbraio 2011

Quarant'anni fa...On Any Sunday


Quarant'anni fa di certo il mondo girava meglio di adesso. Certo, ora fa tutto talmente schifo che allora doveva andare meglio per forza. Io quarant'anni fa non ero ancora nato e forse farei meglio a stare zitto anzichè fare lo spaccone dicendo la mia su qualcosa che non so. Ma mi permetto di dire che almeno per chi praticava per svago, per passione o per mestiere il motociclismo in fuoristrada nelle sue diverse discipline, a quei tempi le cose giravano sicuramente meglio di adesso. E su questo punto la mia età anagrafica non conta molto, perchè ho la prova inconfutabile che quello che ho appena affermato è vero. Guardatevi "On any sunday" e mi direte. Ecco la prova di cui parlo. Non mi ricordo nemmeno che cosa ha attratto la mia attenzione su questo film-documentario, forse saranno state le solite divagazioni sulla rete alla ricerca di filmati di motocross d'epoca, che mi avevano portato a leggere la recensione del dvd di On Any Sunday scatenando la mia curiosità. Poco importa. L'importante è che la curiosità mi aveva spinto a procurarmene una copia. Ricordo bene la sorpresa ed il gran gusto della prima visione (ed anche della seconda, terza, quarta, ecc..), e di aver ringraziato i miei genitori per avermi mandato fin da piccolo ai corsi di inglese, senza la cui comprensione ci si perde una voce narrante realmente brillante ed ironica. Ad ogni modo anche senza voce narrante la visione è più che meritevole. Per raccontare On Any Sunday si potrebbe dire che è uno spaccato di quello che era il mondo delle competizioni nelle varie tipologie di motociclismo, a quel tempo prevalentemente in fuoristrada, negli Stati Uniti del 1970. O si potrebbe dire che il film si basa principalmente sull'intreccio delle vicende di una stagione di corse di due piloti professionisti, Mert Lawill, campione in carica del campionato AMA Grand National e Malcolm Smith, principalmente "endurista" e desert racer. Ai due si aggiunge Steve McQueen nei panni dell'amatore, seppur di lusso, che per passione e divertimento partecipa a qualche competizione, peraltro con ottimi risultati. Io però per parlare di On Any Sunday partirei dagli ultimi minuti. Queste ultime immagini, in cui i tre protagonisti principali disegnano insieme curve sulla sabbia di una assolata spiaggia deserta racchiudono a mio parere il senso del film: il piacere ed il divertimento di correre in moto anche solo per svago e di farlo assieme agli amici con cui si condivide questa passione. I tre, tra le varie evoluzioni  in sella alle proprie moto ridono e scherzano e mi piace pensare che non sia solo per esigenze di copione. Sembrano divertiti davvero. On Any Sunday comunque non è solo questo. E' vedere gare ora improbabili, come quella di enduro di Elsinore, in cui il percorso di gara attraversa le strade del paese sotto gli sguardi curiosi degli abitanti. O la scalata alla salita Widow Maker, la "crea vedove". Una salita di una pendenza pazzesca lungo un versante di una montagna , in cui i più strani figuri in sella alle più strane moto, di serie o modificate ad hoc per lo scopo, cercano di arrivare in cima o quantomeno più in alto di ogni altro contendente. Ci si può stupire di quanto forte riuscivano a correre le lunghe e polverose gare nel deserto con le moto che c'erano nel 1970, qualcuno addirittura portando con sè il proprio cane attaccato al serbatoio. Si può ammirare un pilota, di cui ora mi sfugge il nome, che dopo essersi schiantato a bomba contro le balle di paglia in una gara di flat track ed essere stato successivamente caricato pesto e sanguinante in ambulanza, subito dopo è di nuovo sulla moto tutto incerottato, per giocarsi comunque una ormai minima chance di portare a casa il titolo AMA Grand National. Possiamo capire quanto duro dev'essere per un pilota famoso e titolato negli Stati Uniti come Dick Mann dover rinunciare a giocarsi le sue carte di vincere il campionato Grand National all'ultima gara di dirt track per colpa di una ferita causata da uno stupido buco in uno stivale logorato dall'uso. Possiamo scoprire quanto ci colpisce vedere il campione in carica del campionato 1969 AMA Grand National Mert Lawill che va alle gare guidando per ore ed ore il proprio van per le strade americane, con la propria moto ed il resto della roba all'interno, ricevendo il cambio dal proprio meccanico di tanto in tanto e fermandosi solo per pisciare e mangiare qualcosa. E tutto questo tribolare per poi concludere anzitempo la gara spingendo la moto verso il proprio van a causa di un banale guasto. Se era così per la tabella numero uno, figuriamoci cosa doveva essere il solo fatto di andare alle gare per gli ultimi. Queste cose erano normali, tanto quanto al giorno d'oggi  è normale vedere alcuni piloti delle garette regionali arrivare in camper, o alcuni team che partecipano al campionato triveneto arrivare con bilico, tenda e meccanici al seguito. Le scene in cui lo vediamo intagliare i tasselli delle proprie gomme con un cutter per modificarne il grip prima di una gara o lavorare la sera nel proprio garage alla mola un pezzo del motore della sua Harley Davidson XR fanno tenerezza in confronto a quello che siamo abituati a vedere ora. E' evidente che una volta c'era tanta passione per le corse quanta conoscenza di meccanica e dedizione nel mettere a punto la propria moto. E questa è una cosa che è ben avvertibile nella visione del film. C'è questo e molto altro ancora in On Any Sunday, un dvd che merita senz'altro un posto nella videoteca di chiunque sia attratto dal mondo delle moto da fuoristrada d'epoca. Ed è obbligatorio per chi come me più che esserne attratto, dei ferrivecchi ne ha fatto (purtroppo o per fortuna) una mania.

lunedì 14 febbraio 2011

Un pezzo di ferro arrugginito da buttare... o forse no?


Lo avevo appoggiato su una cassetta di ferro ribaltata con un pezzo di cartone sopra, una cassetta in cui prima dell'avvento della plastica si usava infilare i vecchi bottiglioni di vetro da due litri, anzichè lasciarlo appoggiato sul cemento grezzo del garage o buttarlo fuori sul retro del giardino. Ero impietosito da quanto il tempo passato, l'abbandono e le intemperie avessero ridotto quel povero telaio ad un ammasso di tubi di ferro che in alcuni punti erano corrosi dalla ruggine e da cui la vernice opaca si sfogliava solo a guardarla. Avevo preso il telaio assieme alla quasi totalità del resto della moto, per avere un pò di ricambi ed un motore utili per una Aprilia 250 MX del 1984 grippata che avevo in casa da qualche tempo. Mi pareva l'occasione giusta per mettere insieme un po' di altri pezzi ed iniziare a lavorare su questa moto. Il venditore mi aveva accennato per telefono che si trattava di una MX 250 dell'84 che aveva smontato per un progetto di restauro poi abbandonato. Al momento del ritiro dei vari pezzi però qualcosa non quadrava: era chiaro che la moto non era una MX 250 dell' 84. Si trattava invece di una RX 250 dell'83. La compatibilità dei pezzi tra le due moto si riduceva purtroppo per me a ben poco! Parte del motore, pedane appoggiapiedi, forcellone e leveraggio, carburatore, cassa filtro, un pò di minuteria e qualche altra cosa di poco conto. A quei tempi di anno in anno stravolgevano le moto e dunque sospensioni, freni, mozzi ruota, sovrastrutture, sella, serbatoio, espansione e silenziatore erano tutti diversi e non utilizzabili sulla moto che avevo a casa. Nonostante questo e per il prezzo popolare, avevo abbassato i sedili posteriori della macchina e mi ero caricato tutto. Il motore mi serviva assolutamente, del resto della roba qualche cosa avrei fatto. 
A mente fredda non mi ero pentito della decisione presa. Ogni volta che entravo in garage però, l'occhio mi cadeva sul telaio nudo, appoggiato sulla cassa di ferro. Certo, avrei potuto venderlo, come il resto dei pezzi che non mi occorrevano, ma spedire un telaio sarebbe stato più complicato che spedire un silenziatore, una sella o qualsiasi altro particolare della moto. Eppoi a chi poteva servire un telaio? Tutti vanno in cerca di motori, parti in plastica, ruote, forcelle e ammortizzatori, ma se uno non ha un telaio non parte neanche alla caccia del resto. Certo, può succedere che un telaio si rompa, ma di solito è più semplice saldarlo e aggiustarlo che cercarne uno di usato col rischio che sia messo uguale o anche peggio. Benchè inutile e poco commerciabile, di sminuzzarlo col flessibile o buttarlo via nel ferro neanche a parlarne, non ho le palle per fare questo tipo di cose. Piuttosto lo avrei appeso con un gancio al soffitto per l'eternità. Alle volte però nell'ambito degli appassionati di queste vecchie moto succedono cose incredibili. Potenza di internet e di un forum di appassionati di fuoristrada d'epoca. E così quel telaio che per me era del tutto inservibile si era rivelato invece utilissimo per qualcun altro. Qualcuno che lo andava cercando da anni senza mai riuscire a trovarlo, perchè in Germania di Aprilia RX 250 dell'83, da quello che mi ha detto, ne hanno vendute una decina in tutto. E così, da vicino a Francoforte, Peter è sceso a prendere il telaio che gli avrebbe permesso di rimettere a posto la sua RX, la moto della sua gioventù ed in suo possesso da allora. Il telaio originale della moto infatti lo aveva segato e modificato negli attacchi per accogliere le sovrastrutture ed i componenti del modello 1985 e modernizzarne così l'aspetto. Dopo quasi trent'anni, pentito dal ritocco fatto in gioventù, aveva provato a cercare senza successo in vari mercatini, anche in Italia, un telaio. Ed un telaio, pur se ferito dal tempo, dall'incuria e dalle intemperie alla fine era riuscito a rimediarlo. Temevo che Peter rimanesse deluso da tutta quella ruggine e da quella vernice rovinata, ma dal suo sorriso, dalla stretta di mano e dai ringraziamenti al momento di tornare a casa ho capito che invece era davvero contento. Quantomeno per il fatto di poter finalmente realizzare il progetto di rimettere a posto la sua moto.